La pandemia ha acceso i riflettori sui disturbi mentali in aumento fra le giovani generazioni. Qual è oggi lo stato dell’arte
Salute mentale: i numeri
Non si è mai parlato tanto di salute mentale come dopo la pandemia. Eppure, nonostante gli anni del bonus psicologo, l’introduzione di misure di sostegno nel welfare aziendale da parte delle imprese e i riflettori accesi sull’uso (e l’abuso) di psicofarmaci tra i ragazzi, la situazione psicologica delle generazioni più giovani non sembra essere migliorata.
Secondo un’analisi di Unicusano sulle difficoltà psicologiche più comuni in Italia, sono oltre 16 milioni i cittadini italiani a lamentare un disagio mentale medio-grave, curato con psicofarmaci psicoattivi. Il 39% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni presenta forme serie o estremamente serie di ansia, stress o depressione.
L’Unicef, nel suo ultimo rapporto, scrive che:
A livello globale 1 adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato; tra questi 89 milioni sono ragazzi e 77 milioni sono ragazze. I tassi in percentuale di problemi diagnosticati sono più alti in Medio Oriente e Nord Africa, in Nord America e in Europa Occidentale […]. Il suicidio in Europa occidentale è la seconda causa di morte per i ragazzi tra i 15 e i 19 anni, dopo gli incidenti stradali.
Un dato allarmante, che è cresciuto esponenzialmente a seguito della pandemia da Covid-19. L’isolamento sociale dato da scuole chiuse e attività ricreative interrotte, unito alla paura per qualcosa di mai sperimentato prima a livello mondiale, in una fase delicata come quella dell’infanzia o dell’adolescenza, ha portato a conseguenze estremamente gravi: nel 2022 – due anni dopo la comparsa della malattia – si parlava, ad esempio, di un peggioramento del 42% dei sintomi tra bambini e adolescenti con problematiche alimentari pregresse, con un’età media della comparsa dei sintomi che tende ad anticipare sempre di più. I DCA, insomma, sono lo spettro delle nuove generazioni.
La salute mentale nel dibattito pubblico
Il bonus psicologo, introdotto dal Governo Draghi nel 2021 per tamponare l’emergenza post-Covid, è stato il primo provvedimento messo in atto a livello pubblico per porre l’attenzione sul tema della salute mentale. Come facilmente immaginabile, però, si è rivelato purtroppo insufficiente: le risorse economiche stanziate non sono arrivate a tutti coloro che ne avrebbero avuto bisogno, né per tutto il tempo necessario alla cura.
Nel frattempo, la nascita di startup che forniscono servizi di psicologia online a tariffe ridotte, a volte in collaborazione commerciale con brand di altri settori, e la proliferazione di profili dedicati alla divulgazione scientifica sul tema della salute mentale, hanno incontrato parzialmente il bisogno dei giovani di iniziare un percorso di terapia, ma suscitato un acceso dibattito fra i professionisti. Rendere accessibile il linguaggio proprio della terapia in maniera eccessivamente divulgativa, secondo molti psicologi, può comportare il rischio di autodiagnosi e svalutare il lavoro del terapeuta, con danni sull’intera categoria.
D’altro canto, aver sdoganato il tema del benessere mentale nei vari aspetti della vita – le relazioni familiari, amicali, sentimentali, ma anche e soprattutto il lavoro – ha segnato un deciso passo in avanti di un nuovo pensiero generazionale nell’opinione pubblica: la GenZ, in particolare, si è fatta portavoce di una serie di istanze che hanno portato a fare luce sull’importanza della salvaguardia della salute mentale anche in contesti fino ad allora mai messi in discussione. Se licenziarsi da un lavoro per tutelare la propria salute mentale è uno dei topic più discussi sui social, le aziende, per restare competitive tra i giovani candidati, stanno iniziando a offrire supporto psicologico ai dipendenti all’interno del piano welfare. Una vera rivoluzione, se si pensa al valore dato al benessere mentale negli anni passati.
Eco-ansia: una preoccupazione crescente
Ma a governare le menti dei giovanissimi sono soprattutto altri temi. Una delle principali fonti di ansia e stress per le giovani generazioni è quella che viene tradizionalmente identificata come eco-ansia, ovvero l’ansia per il futuro del pianeta, dovuta ai repentini cambiamenti climatici che stanno compromettendo l’esistenza stessa degli ecosistemi mondiali.
L’eco-ansia è molto più che una semplice preoccupazione: si tramuta, nella maggior parte dei casi, in un impegno concreto al contrasto al cambiamento climatico, con azioni di sensibilizzazione sulla collettività, come dimostrato dalle tante manifestazioni degli attivisti di Ultima Generazione nell’ultimo anno. Ma soprattutto, data la grande esposizione mediatica e la giovane età, si configura spesso come un’ansia invalidante che impedisce ai giovanissimi di prendere in considerazione scelte di vita come creare una propria famiglia, cercare una stabilità a lungo termine o anche solo pensare al futuro.
E così, viene a crearsi quasi inconsapevolmente il paradosso più grande: voler vivere il presente per poterlo godere appieno, ma allo stesso tempo farlo per obbligo, come se non ci fosse altra scelta del navigare a vista in un continuo Qui e ora.
Quali saranno gli sviluppi a lungo termine dell’attenzione delle nuove generazioni alla salute mentale è difficile a dirsi. Ma certo è che – al di là delle convenienze commerciali di chi scopre l’utilità economica dell’abbracciare anche pubblicamente il tema della salute mentale – un nuovo paradigma si sta affacciando sul mondo: un paradigma che mette al centro il benessere della persona, mettendo in crisi le certezze del passato. Come ogni rivoluzione che si rispetti.